I terrazzamenti delle Cinque Terre sono un’eredità del Medioevo, sono quello che ci ha plasmato, nutrito, reso speciali e che oggi ci garantisce un’identità e, in modo molto più concreto, di poter vivere a valle.
La costruzione dei terrazzamenti delle Cinque Terre
Fino alla prima metà del secolo scorso la nostra economia era basata pressoché esclusivamente sull’agricoltura: vite, ulivo, alberi da frutto e verdura. Per coltivare questo territorio così verticale e roccioso, gli abitanti iniziarono a erigere chilometri di terrazzamenti sorretti da muretti a secco e disposti in fasce sovrapposte, partendo dal livello del mare, i ciàn.
Una grande opera di ingegneria ambientale ben illustrata nella seconda parte del video che trovi in questo articolo, stimata a oltre 4 milioni di metri cubi di muri a secco per ettaro, per oltre 3 mila metri lineari di muri per ettaro, per un totale di 6729 km. Superiore al raggio terrestre!
I nostri muri a secco hanno quindi un chiaro valore sociale e culturale e se vuoi saperne di più su questi aspetti e sul loro recupero il progetto Stonewalls for life fa al caso tuo.
Si calcola che fino alla prima metà del secolo scorso alle Cinque Terre ci fossero circa duemila ettari di uliveti, vigneti e orti, ma oramai ne restano circa 400, mentre nel resto delle terrazze la macchia mediterranea e il bosco hanno ripreso il sopravvento.
Ti consigliamo di dedicare pochi minuti a questo video storico dell’Istituto Luce, che mostra la costruzione dei terrazzamenti e illustra lo stile di vita passato delle Cinque Terre.
Se vuoi saperne di più sui luoghi delle riprese e le tradizioni mostrate in questo breve documentario siamo a tua disposizione.
I trenini delle Cinque Terre
Dagli anni ’80 l’applicazione di un minimo di tecnologia ha iniziato a facilitare il lavoro dei pochi che ancora oggi scelgono quello stile di vita: materiali e attrezzi più leggeri, ma soprattutto una rete di monorotaie sui cui si spostano cremagliere con piccoli vagoni merci. Sì, note come trenini delle Cinque Terre.
Non arrivano dappertutto, ma sono di grande aiuto, soprattutto in periodo di vendemmia, che un tempo implicava cammallare ceste d’uva per giorni, sulla schiena gli uomini e sulla testa le donne.
Con la monorotaia e l’abbandono dei ciàn di più difficile accesso sono sparite anche le vendemmie via mare, quando era più facile caricare le ceste d’uva sui gozzi ormeggiati sotto ai terrazzamenti più bassi che salire per raggiungere i sentieri e le scalinate interpoderali, oggi trasformatesi perlopiù in sentieri per il trekking. Stesso discorso vale per la raccolta delle olive in autunno.
Sacrifici e fatiche immani, che hanno portato Veronelli a definire i vignaioli del posto angeli matti, la cui opera salvaguarda lo splendido e fragilissimo territorio delle Cinque Terre.